mercoledì 28 febbraio 2018

MODA INCLUSIVA


Ieri, in coda alla fashion week milanese, nel teatro di piazza Vetra, una delle location più ambite, c’è stata la sfilata di Iulia Barton Inclusive Fashion Industry, protagonista a Milano nel 2016 di un evento insignito con la medaglia al valore civile e sociale dal Presidente Giorgio Napolitano. In passerella con i capi di sei maison (Luigi Borbone, Massimo Crivelli, Angelo Cruciani, Giuseppe Fata, Diego Salerno (nella foto), Antonio Urzi), modelle e modelli con amputazioni, mutilazioni o in sedia a rotelle. Per dimostrare che la diversità è un attributo privo di fondamento. Questo il significato di moda inclusiva, creata da Fondazione Vertical nel 2011, per dare visibilità a contesti sociali tenuti fuori dall’industria della moda, legata al concetto di bellezza e perfezione. Coraggiosa l’organizzazione, ammirevoli gli stilisti che hanno dato il loro contributo, straordinaria la regia per cui le protesi o le carrozzine, nei colori degli outfit, diventavano un accessorio o un’estensione dell’abito. Qualcuno ha parlato di lezione di vita, molti erano perplessi, anche se cercavano di non manifestarlo. Di sicuro il pubblico, tra cui giovani sulla sedia a rotelle, non aveva lo stesso atteggiamento di fronte a una sfilata normale. Si aveva paura di essere critici, ma si aveva anche paura di non esserlo. Rivelando quella pietà che in un evento del genere va bandita. A qualcuno sarà anche apparsa una forzatura, in un palcoscenico come quello della moda dove tutto deve essere scintillante. Ma è proprio in questo mondo e in questo modo che è giusto portare avanti una campagna di sensibilizzazione. Tra l’altro, oltre alla stampa e agli addetti ai lavori,la sfilata era aperta al pubblico con biglietto. I proventi della serata sono destinati a sostenere la ricerca sulla rigenerazione dei danni al midollo spinale attraverso le nanotecnologie e l’utilizzo di cellule staminali  

martedì 27 febbraio 2018

ESSERE FIERE


Qualcuno una decina di anni fa  sosteneva che nell’era del web le fiere non avevano senso. Certo, molte sono scomparse ma altre  modificate, riadattate, ripensate, rivoluzionate hanno riscontri  e successo. La strategia  è avere un obiettivo preciso. White  è riuscito a trovarlo, come dicono i numeri. Ed è il lavoro di scouting e selezione senza condizionamenti, per far conoscere  ai buyer piccole realtà  che solo con il 
                      contatto diretto e non certo sul sito si ha modo di testare e tastare.  Tra i 546 marchi , 163 sono stranieri e sono il 12,4% in più di febbraio 2017. Come i brand, al loro primo White, della Red Area dalla Francia e da Berlino, o Ines Torcato dal Portogallo, Sofie D’Hoore dal Belgio, i designer Fariza Sultan, Utari, Zibroo Design dal Kazakhstan, One on one dalla Grecia con una maglieria per lui e per lei dai dettagli intriganti (foto al centro). Vengono invece da otto regioni italiane i partecipanti del progetto It’s time to south, fucina di idee, dalla couture alle felpe, dai gioielli agli occhiali. La sostenibilità è un punto forte per molti. E’ il caso della collezione di Carlotta Canepa giocata sulle geometrie alla Sonia Delaunay e  motivi floreali alla Frida Kahlo. Tutto nei tessuti della storica azienda comasca, di cui Carlotta rappresenta la quarta generazione, prima azienda internazionale ad aver aderito alla campagna Detox di Greenpeace. Nell’ampliamento di White, all’opificio  di Via Tortona 31, la visita è allietata dal suono di un pianoforte dal vivo. Aziende artigianali e marchi di nicchia con un ottimo rapporto qualità-prezzo come Reblanc, linea di Refrigue, con piumini solo per donna, anche in velluto, con tagli donanti, lontani anni luce dagli ingoffanti indumenti da omino Michelin. Nell’Opificio c’è anche  quel che resta del vecchio Contemporary. Qui spicca la maglieria Imago di Federica Frumento, vera arte da indossare, che riporta su poncho e pull in cashmere gli oli su tela di Carla Benvenuto (foto in alto). Concentrato soprattutto sugli accessori Super, il salone del Pitti a The Mall (foto in basso) . Penalizzato forse  dalla posizione,  troppo fuori della mischia, ha avuto un calo di italiani, ma sono aumentati gli  stranieri,  specie dalla Russia e dagli Usa. Tra i brand affermati Scaglione, leader della maglieria, con una sofisticata  capsule di abiti  disegnati da una stilista giapponese.  Ottima la selezione fatta da Camera della Moda per scegliere i 14 brand italiani e stranieri per il Fashion Hub Market nello spazio Cavallerizze. 

lunedì 26 febbraio 2018

VOGLIA DI CAMBIARE...


...potrebbe essere la tendenza di questa settimana della moda milanese conclusasi oggi. C’è chi cambia mantenendo intatto il proprio stile e chi osa stravolgimenti che non sempre convincono. Chi procede con piccoli tentativi che spesso non arrivano allo scopo e chi invece ci riesce . Gli ultimi brand a sfilare sono stati il cinese Ricostru, supportato da Camera della Moda, e due giapponesi. Il primo, sostenuto anche lui da Camera della moda, è  Ujoh, creato nel 2009 da Mitsuru Nishizaki.Lo stilista, con un  curriculum di sette anni da Yohji Yamamoto, parte dai tagli classici per arrivare a capi assolutamente innovativi, ma con uno studio delle proporzioni tale da renderli  portabili. Sconvolge il completo  tre pezzi con giacca doppiopetto abbinandolo a pantaloni  con gambe di colori diversi (foto al centro).
Con il gusto delle sovrapposizioni applica pezzi di piumino sul cappotto. Inventa l’abito salopette da completare con camicia bianca. Atsushi Nakashima per il marchio omonimo alterna e mixa tessuti jacquard artigianali con materiali altamente tecnologici. Prende spunti dalle divise militari per il trench  strizzato in vita. Personalizza la maglia con il motivo di un pesce antico. Molti i piumini con cappuccio e bordo in pelliccia,  per lui e per lei, in materiali ultra leggeri ma a prova di grande freddo. “Facciamo le stesse cose cambiando la faccia “ così racconta Piero Cividini il suo modo di rinnovarsi. Femminilizza i tessuti maschili, studia lavorazioni particolari, usa la serigrafia. Così il paltò di velluto ha una stampa gessato effetto
pioggia e una chiusura a zip. Il gilet di visone ha striature effetto gessato(in alto la fine della sfilata). “Non ci sono regole, solo interessanti errori” commenta John Richmond e rinnova cambiando le proporzioni, stratificando, inserendo grafiche irriverenti, mischiando il tecnico al romantico, al sexy,  senza arrivare a eccessi inutili. Da Eleventy Paolo Zuntini allunga i paltò e le giacche tutte doppiopetto  e più sciancrate. Le abbina a pantaloni extralarge con lacci in vita. Colori dominanti oltre i classici grigio e beige, l’ocra e l’azzurro.  Accostare materiali diversi con grande audacia è la strategia vincente di Giuseppe Zanotti. Nello stesso sandalo in camoscio mette insieme cristalli, piume e plexiglass. Decora il velluto, materiale protagonista, con cristalli. Lo stivaletto in pelle ha un tacco d’oro sfaccettato (v.foto). La borsa iconica Le Marais di Rodo cambia  dimensioni e facce. Ora è in pelle intrecciata effetto midollino, ora in velluto, ora in pelle spazzolata e laserata effetto broccato.


domenica 25 febbraio 2018

LA CREATIVITA' E' DONNA



Sono sempre di più le donne stiliste e alcune di loro, ieri e oggi, sono state al centro della fashion week milanese.  A cominciare da Lavinia Biagiotti erede creativa e operativa dell’indimenticabile mamma Laura. La sfilata inizia con il tutto bianco per trench, cappotti, lunghi abiti di maglia. Continua con soprabiti bianchi dai piccoli flash di beige.  Prosegue con l’écru della mantella. I toni si scuriscono per la stampa maculata del paltò, nei quadrati di pantaloni, giacche e spolverini, fino ad arrivare agli stampati a fiori degli abiti nei toni del ruggine, del senape e ai completi optical spruzzati di strass o ai neri da sera (foto in basso). Rossella Jardini presenta Metamorphosis una collezione senza stagione che fa rivivere di una nuova vita caban, trench, giacche militari, ma anche tute da lavoro, e perfino sacchi delle                           

poste o per il trasporto di denaro delle banche (foto in alto) . Con bottoni vintage, toppe d’archivio, broderie. Un riuso–riciclo creativo importante per una moda sostenibile. Giulia Marani porta avanti il lavoro del padre Angelo e parte  dagli archivi, prendendo pezzi, lavorazioni, stampe che hanno fatto il successo del brand. Tutto è rivisto senza nostalgie, ma con un humour che guarda al futuro. Così la felpa in cashmere con stampato il muso del leopardo.  Così il cappotto anni 40 con un patchwork di pellicce ecologiche  tra cui la lince, un'esclusiva Marani. O i jeans in maculato-lince. Mila Schon festeggia i sessant'anni. E’ un uomo, il direttore creativo Alessandro De Benedetti, a riproporre  i capisaldi della grande signora della moda. Dal mitico double alla mantella, dalle stampe e gli intarsi di gusto geometrico alla giacca dalla linea ad A.  Francesca Liberatore, dopo sette stagioni a New York, torna a sfilare a Milano. Mette insieme tessuti e  tagli maschili con  drappeggi e ricami del  Pakistan, dove è stata di recente con l’agenzia delle Nazioni Unite, che promuove lo sviluppo industriale nel mondo. Ma la sartorialità prevale sull’etnico. Stella Jean abbandona in parte le linee e i tessuti africani, ma non perde l’interesse per il multiculturalismo. Tanto da trarre ispirazione  dall’amicizia fra l’atleta afroamericano Jesse Owens e il tedesco Luz Long nelle Olimpiadi del 1936. Le stampe dei tessuti  richiamano le piscine delle gare, i numeri dei blocchi di partenza sono applicati  su  giacche e maglie.  Spunti etnici e scontri-incontri di colore nella fresca collezione di Simonetta Ravizza. Anche Angela Missoni guarda al multiculturalismo.  Gaia Trussardi, per il marchio di famiglia, propone una collezione per uomo e donna con pezzi apparentemente classici e senza tempo. In realtà rinnovati nelle proporzioni, nei tessuti, nei colori inaspettati, spesso gli stessi per lui e per lei, ma che riescono a essere femminili per lei, rigorosi ma non plumbei per lui. Sexy e audace la sera.  Elisabetta Franchi sceglie Monica Vitti come modello di donna, divertente e seducente, ma aggiunge un tocco di aggressività. La stessa con cui la stilista-imprenditrice procede decisa con la campagna contro il maltrattamento degli animali.