venerdì 28 ottobre 2016

BALLA AD ALBA


Dopo l’Accademia Albertina di Torino con maestri come Pelizza da Volpedo e Segantini, Giacomo Balla segue i corsi universitari di Lombroso che lo aiutano a impostare i ritratti della gente di strada. A 24 anni va a Roma dove prosegue una ricerca sul colore. Quattro anni dopo si trasferisce per qualche mese a Parigi per completare gli studi sulla luce e l’Esposizione Internazionale al Grand Palais gli dà forti stimoli. Oggi sarebbe il normale curriculum di un giovane artista, ma  più di un secolo fa non lo era. Nel 1913, quando aderisce al movimento futurista, Balla mette all'asta le sue opere figurative e scrive su uno striscione "Balla è morto, qui si
               vendono le opere del fu Balla".  Futur Balla alla  Fondazione Ferrero di Alba (foto al centro) , dal 29 ottobre al 27 febbraio 2017, racconta come il percorso artistico abbia affiancato la sua vita:"E' l'opera d'arte che fa conoscere l'artista.Tutto il resto è mediocrità" scriveva. Le opere  provengono da collezioni private e da musei italiani e del mondo                 

(dal Moma di New York alla Galleria Nazionale di Roma, dallo Stedelijk Museum di Amsterdam alla Tate di Londra, dal Guggenheim di Venezia al Museo del Novecento di Milano, dalla Gam di Torino al Mart di Rovereto). Attraverso queste, ben disposte nelle luminose sale, si capiscono i passaggi fondamentali. I primi ritratti  raccontano i lavoratori più umili, gli emarginati, i malati, i poveri. Lo studio del volto, la posizione delle gambe e delle mani, fotografa il disagio meglio di qualsiasi discorso. Poi c’è la  scomposizione  cromatica  e la compenetrazione. Movimento, ritmo, colore e suono  diventano gli elementi chiave. Da Volo di rondini dove le linee creano un dinamismo che sembra inarrestabile a Velocità astratta e rumore  dove davvero la disposizione dei colori, con il rosso improvviso che forma un arco e l’azzurro che ombreggia, rendono l’idea dell’immagine sfuggente e della velocità,  tanto che sembra di percepirne il rumore. O Dinamismo di un cane al guinzaglio (foto in basso)in cui le zampe e la catena che si moltiplicano simulano il movimento. A chiudere Numeri innamorati (foto in alto)un olio su tela del 1923, che apre una nuova fase del percorso artistico. Completano la mostra fotografie, appunti, manifesti, lettere, la sua tavolozza e i suoi pennelli e un portaoggetti in legno di vari colori.






giovedì 27 ottobre 2016

CHIC, LUSSUOSO, ANZI CASUAL






C’è una tendenza nella moda: figlia alternativa del minimalismo anni Novanta, è erede spirituale dei Settanta, con un amore-odio per i frivoli Ottanta. In parte è il risultato di un cambiamento  nel modo di fare shopping. Non più il pezzo  d’impulso buono per una stagione, ma una preferenza verso capisaldi del guardaroba che non invecchiano. Oltre a buoni materiali, tagli e  dettagli, dati per scontati, si cerca il confort, l’essere donante  e  qualcosa  che connoti. Lontano dagli effetti facili da passerella, che ci saranno sempre. Il denim più che uno dei protagonisti della 
                              tendenza è quello che ha aperto la strada. Dalle origini da lavoro a tessuto per ogni capo, situazione e per tutti, è entrato in ambiti diversi. Come la sera, o accostato a materiali preziosi. Nell’ultima sfilata per la prossima estate Simonetta Ravizza mette profili di visone sul giubbotto(a sinistra in basso). Dello stesso concetto lusso-casual anche le shopper e i gilet in pelliccia a righe  da portare con gli shorts. Roy Roger’s tinge il chiodo in oro e per i jeans studia dettagli raffinati (a destra in basso).Anche la felpa, emblema dello sportswear brilla nella notte. Di perfetto taglio, è in lurex all’esterno e in lana merinos all’interno quella di Silenzio,la nuova collezione della rinata storica Manifattura Sorelle Fontana. Anche la sua maglia poncho nera con profili bianchi rientra in questo concetto di elegante, confortevole, ma habillé, per l’esecuzione e i filati (a sinistra in alto). La maglieria, in genere, ha questa caratteristica di eleganza chic nella sua  apparente informalità. Basta pensare a quella  di Pringle, brand antesignano della tendenza (a destra in alto). Tanto che negli anni Trenta la scrittrice  americana Premio Pulitzer 1921, Edith Wharton scriveva: “Pringle ha trasformato il maglione capo pratico da indossare a pezzo chiave del look, il dettaglio per essere irresistibilmente affascinante”.

lunedì 24 ottobre 2016

GUARDO, QUINDI PENSO




Si può non esserne entusiasti, ma è impossibile uscirne indifferenti o con l’idea di aver perso tempo. La Fondazione Prada di Milano riserva sempre  sorprese. 

A cominciare da Uneasy Dancer (foto in basso)dell’artista novantenne americana Betye Saar. Una raccolta di oggetti accostati con poesia che diventa messaggio, protesta, ricordo. Gabbiette con inaspettati prigionieri, scacchiere dove gli scacchi sono candele consumate, frammenti di giocattoli, piccoli gioielli senza valore, ex voto. Ognuno di questi è un pezzo di vita. Ha un significato e non solo per l’autrice ma per chi guarda, che può dargli una sua interpretazione.  Coinvolgente l’allestimento. Come lo è quello della mostra di William N.Copley che occupa i due piani dell’edificio principale (foto al centro). Su pareti rosa spiccano  opere  che vanno dal pop all’action painting, dal surrealismo all’illustrazione, dalla composizione tridimensionale all’installazione. Un’osmosi di pittura e poesia scrive Germano Celant,  dove i riferimenti alla contemporaneità, al sociale, alla storia, alle rivolte, al sesso sono sempre presenti, con il velo dissacratore del gioco e dell’ironia. Insieme anche opere di Max Ernst, René Magritte, Man Ray e Jean Tinguely della collezione personale dell’artista, scomparso nel 1996. Di Five Car Stud ne hanno scritto in molti, ma è difficile a parole descrivere  l’emozionante percorso attraverso le opere di Edward Kienholz (foto in alto). La violenza sessuale, gli abusi sui minori, le mistificazioni e le manipolazioni, le perversioni, l’uso della religione a copertura : l’obbrobrio  raccontato con oggetti vari e figure umane in scala reale. In un crescendo di orrori di cui il culmine è l’ultima  sala buia con le cinque auto intorno a un orribile episodio di razzismo.  A fianco della palazzina d’oro  un ultimo pezzo della mostra . Ancora un’automobile, una Cadillac con un teatrino metafora di una giustizia e di una politica  dove gli istinti animali prevalgono. 

venerdì 21 ottobre 2016

IL DIARIO DELLE PERIFERIE



A Milano il 93% degli abitanti vive in periferia. “Le periferie sono la città che sarà, la città che lasceremo ai figli”. Da questa riflessione è partito Renzo Piano per il progetto che ha  avviato alla sua nomina a senatore a vita. Si chiama G124, come il codice che identifica la stanza di Palazzo Giustiniani al Senato che gli è stata assegnata. E’ anche il titolo del libro edito da Skira (G124. Renzo Piano. Diario delle periferie/1 Giambellino, Milano 2015). Curato da Carlo Piano, racconta del lavoro di un gruppo di architetti under 35, retribuiti con lo stipendio del senatore, nel quartiere milanese del Giambellino. Uno studio fatto sul campo, vivendoci, considerando i dettagli, misurando le distanze e i collegamenti con il centro, cercando di equilibrare il mix di etnie, ma soprattutto ascoltando la gente. “Da architetti condotti, come i medici condotti”. Per un rammendo, più che una ricostruzione. “E’ il tema dell’identità che ci interessava e che volevamo preservare. Per questo anche la scelta del Giambellino. Non volevamo una Milano da bere” spiega Chiara, uno degli architetti. “La nostra è stata una diagnosi” continua Francesca. L’idea è quella appunto del rammendo, con consigli anche per gli abitanti. Nessuna demolizione, ma piccoli interventi per sistemare  edifici, che dalla costruzione nel 1939 non avevano mai avuto manutenzione. Dare una struttura al quartiere, aprire quindi i cortili, metterli in comunicazione tra loro, renderli vivibili con del verde, degli orti comuni. Trasformarli insomma in spazi pubblici, in un sostituto della piazza  che qui non esiste. Qualcosa è già stato fatto, come si vede nelle foto del libro e c’è un impegno del sindaco Sala a occuparsene. Nel volume, i cui diritti sono destinati all’Associazione del Giambellino, interventi tra gli altri di Richard Rogers, Beppe Severgnini e Emis Killa (v.foto al centro). Il rapper, dopo l’esperienza di una casa in centro, ha voluto tornare a vivere in periferia, dove trova maggiori stimoli.    

giovedì 20 ottobre 2016

ROSSI DI SERA


Comicità e contenuti. È un binomio molto apprezzato sulla scena. Se poi si aggiunge buona musica e regia di grande effetto, il gradimento si moltiplica. Così è stato per Rossintesta, che ha iniziato ieri la sua tournée al teatro Menotti di Milano.
Sul palcoscenico Paolo Rossi ricorda l'amico cantautore Gianmaria Testa, scomparso di recente e con il quale ha lavorato per diversi spettacoli. Non vuole essere un omaggio, lo dice subito. Con i suoi pezzi anche quelli di Jannacci e Gaber. Sono tutti personaggi che hanno fatto del teatro-canzone una strada per comunicare il sociale e il politico, divertendo, ma non solo. Con lui I virtuosi del Carso, validissimo gruppo diretto da Emanuele dell'Aquila, chitarra, con la bravissima e di presenza Bika Blasko, vocalist e violoncellista.  Lo schema è classico, ma non pedante. Alle canzoni si alternano commenti, frasi, aneddoti del comico. Non c'è una scaletta, o se c'è non è assolutamente invadente. I temi affrontati sono quattro. “Meglio tre, dice Rossi, perché quattro l'ho detto per sbaglio”. Il mestiere dell'attore e il rapporto con il ruolo è il primo. Le donne è il secondo. E qui anche le frasi o quello che si potrebbe dire di scontato è espresso in modo inconsueto, rinnovato soprattutto. Il terzo argomento è il sociale, dove entra più in ballo il ricordo di Jannacci. Il pubblico partecipa, addirittura previene l'attore, che ne approfitta con divertenti battute per ribadire il carattere di improvvisazione dello spettacolo. Peccato ogni tanto la musica alta copre alcune parole, che sfuggono. Ma fa parte del non programmato, di una nuova forma di teatro a canovaccio. Più vivo e partecipativo. Nessun momento di ferma, abbastanza raro in uno spettacolo del genere.Molto interessante e duttile la scenografia, perfetta per adattarsi a momenti da concerto rock come a monologhi.
Rossintesta fino al 22 a Milano, sarà poi a Firenze,  Nichelino (To), Genova, Vercelli, Cadelbosco di Sopra (Re), Padova, Rimini, Casalmaggiore (Cr), Bologna, Certaldo (Fi), Massa, Varese, per concludersi ad Alba (Cn) il 9 aprile.