venerdì 29 gennaio 2016

MORTE, PARLIAMONE!



Già il titolo promette bene. Sulla morte, senza esagerare preso da quello di una poesia di Wislawa Szymborska, la poetessa polacca a cui è dedicato il lavoro. Rivela subito l’idea di affrontare un tema non leggero, con quel tanto d’ ironia, per sfuggire al drammatico ma anche alla ritrita comicità. Non a caso lo spettacolo del Teatro dei Gordi ha vinto all’unanimità il premio alla produzione Scintille 2015. Ieri e oggi è al Teatro Menotti di Milano e sarà portato in una tournée ancora da definire. In scena cinque attori che non parlano mai, comunicano a gesti o con movimenti della testa, ma mantenendo nei dialoghi i tempi delle parole. I loro visi sono coperti da inquietanti maschere di cartapesta, realizzate dalla scenografa Ilaria Ariemme e ispirate ai ritratti di Otto Dix. Sulla scena una panchina e un lampione da parco qualunque. E’ lì che la morte, vestita con i panni di un signore in maglione a V e cravatta, attende i clienti. Ognuno ha una storia da raccontare, lo si capisce dall’abbigliamento, da come si muove. C’è chi ha tentato il suicidio impiccandosi, ancora con la corda legata al collo, c’è il ragazzotto spavaldo che ha avuto un incidente, c’è il neonato appena partorito. Qualcuno beffa la morte e torna indietro. Il vecchio solo si addormenta sulle sue ginocchia e tolta la maschera rivela il volto bello e senza segni del tempo. Arriva anche un angelo con ali di pelliccia, irriverente, scanzonato e più convincente dell’impiegato-morte. Questo è rottamato e sostituito con un altro, più aggiornato e intraprendente, che  accoglie con samba e musiche pop invece di lugubri inni.

giovedì 28 gennaio 2016

SOGNI D'O...O B? OPPURE T?


Trent’anni fa faceva notizia un albergo con una sola stanza o uno con giardino e piccola piscina in ogni camera. Da molto tempo ormai non ci si stupisce più di hotel sugli alberi, sott’acqua, ricavati in una ex prigione, dentro a un camper su una terrazza, in una chiesa, in un treno, in un tram. Però poter scegliere di dormire in una O, con un arredo ispirato alla birichina Histoire d’O di Paulina Réage o in una E, con la sala cinematografica più piccola del mondo, può incuriosire anche il viaggiatore più restio ai Guinness. Si può fare all’Amstel Botel di Amsterdam, nell’ex cantiere navale NDSM, facilmente raggiungibile dal centro città. Si tratta di un grande traghetto attraccato alla darsena con sul tetto un’enorme scritta Botel. E in ognuna di queste cinque lettere, alte 6 metri e mezzo, sono stati ricavati dei loft-suite da vari architetti in collaborazione con l’architetto e cineasta Jord den Hollander.  Ovviamente queste stanze sono diverse tra loro, la B (foto al centro)per esempio è stata progettata  per degli sportivi, con una rampa per lo skatebard (foto in alto). La T, chiamata Captain’s Room, ha al suo interno un ascensore e delle finestre a oblò. Mentre la L creata da un giapponese è bianca, minimalista, si ispira all’arte ed è ricercata da chi vuole stare tranquillo. L’hotel piuttosto normale nel complesso, è un tre stelle, con un ottimo prezzo, un buon servizio, una collocazione interessante perché in un quartiere animato con locali e gallerie d’arte e delle torte fantastiche per la prima colazione. www.amstelbotel.nl


mercoledì 27 gennaio 2016

GUERRA E...TACE


Alarico Salaroli e Marco Balbi
E invece bisognerebbe continuare a parlare della guerra.  E’ importante coinvolgere sull’orrore, ma soprattutto su quella sua assurdità inutilmente devastante. Con realismo e senza concessioni al patetico. Per questo  è da vedere L’è el di di mort, alegher! Navigli e trincee, storie e canzoni della Grande Guerra, fino al 31 gennaio al Teatro Verdi di Milano.  Prodotto dal Teatro Menotti con la regia di Emilio Russo, lo spettacolo  porta in scena testi di Emilio Lussu, Delio Tessa, Carlo Salsa, Enzo Jannacci, Boris Vian, Corrado Alvaro e brani musicali, poco noti o famosi come lo struggente Oh Gorizia tu sei maledetta. A leggerli, recitarli, cantarli, Marco Balbi spesso in milanese e con una chitarra, e Alarico Salaroli, che alterna la voce all’armonica a bocca. Con i due attori, sensibili  e convincenti, Riccardo Dell’Orfano alla fisarmonica. E così quella guerra, non voluta da nessuna potenza, che ha sconvolto il mondo per tre anni, ritorna con le sue immagini e le sue testimonianze.  E’ un racconto fatto di immediatezza, c’è il dramma, ma c’è anche la poesia, addirittura la comicità. Si rivive  la tragedia anche attraverso l’ingenuità che fa sorridere. Come quella dell’amico Silvio, nel suo goffo entusiasmo patriottico, primo a morire falciato da una raffica. C’è l’ umanità del disertore, che non vuole uccidere. E poi c’è la vita di trincea, con la paura, il freddo, gli odori, le considerazioni sull’esistenza, la casa lontana. Il pubblico è trascinato nei ricordi. Partecipa non solo cantando con gli attori, ma è seduto con loro intorno a una grande tavolata sul palco ( I posti sono solo 45). Su questa ci sono d libri, bollettini, ritagli di giornali di allora,  gavette, un elmetto, una borraccia. E alla fine per tutti, c’è  un bicchiere di vino rosso e un piatto di minestrone. “Le uniche due cose buone della trincea” è il commento di Salaroli, per invitare il pubblico a servirsi.

giovedì 21 gennaio 2016

AVARO FOREVER


Sui classici a teatro ci sono due scuole di pensiero. C’è chi vuole la rappresentazione fedele all’originale, rinnovando regia, costumi, musiche e aggiungendo al massimo qualche interessante gioco di luci. E c’è chi invece preferisce un’interpretazione aggiornata, magari in abiti attuali e ambientazioni contemporanee,  anche con modifiche nel testo. L’Avaro di Lello Arena, con la regia di Claudio Di Palma, ora al Teatro Menotti di Milano fino al 23 gennaio, è ancora qualcosa di diverso. Il vero protagonista non è Arpagone, quanto l’avarizia, più che un difetto una concezione mentale che prevarica non solo i sentimenti, le abitudini, gli affetti, ma il senso dell’esistenza stesso. Che non è legata ai tempi, ma li attraversa, da quelli di Molière ai nostri. E Le sedie,  di stili diversi, appese alle pareti di una stanza fatta di porte a vetro, come una collezione, ne sono  un’espressione. Tanto che gli attori sulla scena si siedono per terra, eccetto Arena-Arpagone che si fa portare su una sedia a rotelle da ospedale. Anche gli abiti non hanno epoca o piuttosto hanno dettagli di tutte le epoche. Forte è la contrapposizione dei costumi eleganti, in certi casi scintillanti e luminosi e con dettagli preziosi, dei vari  personaggi  e l’informe cappotto di pelle nera dell’avaro.
 Anche nel testo sono state molto liberamente sostituite frasi di un umorismo  di quel periodo storico con espressioni più dei nostri giorni, spesso legate alla comicità napoletana. E sono stati aggiunti addirittura effetti speciali alla Rocky Horror Show.  Bravissimi gli attori. Si ride, ma appaga anche la vista e stimola la mente.  Dopo Milano L’Avaro sarà in tournée a Broni, Riva Del Garda, Cesenatico, Mola di Bari, Altamura, Pussi (Ra), dove termina il 2 febbraio.

martedì 19 gennaio 2016

MIMETICO? TRIDIMENSIONALE? ANZI SARTORIALE


Si è conclusa la kermesse milanese della moda maschile. Il sartoriale è la tendenza di stagione. In ogni interpretazione alternative comprese. Come nell’ultima sfilata,quella dell’inglese Helen Anthony che porta in passerella un neo-dandy con bastone dal pomo d’argento. Per lui completi coordinati al trench o al paltò mix anni ‘40 e militare, con mimetico accennato. Anche il camouflage è un tema ricorrente, bianco rosso e blu da Moncler, in 3D da Maunakea (v.foto)al Pitti. Tridimensionali anche gli stampati floc per gli abiti di Carlo Pignatelli. Nel suo sartorial per il 2017, il guru della cerimonia si diverte con stampe da cravatteria, per giacche svuotate e smoking impalpabili. Blu il colore preferito. Molto nero, invece, per la Sport Couture di Dirk Bikkembergs che mischia materiali tecnici a cashmere, angora e pelliccia.
Certo l’aver dato spazio alle pre-collezioni donna ha giocato per il successo di White. Ma per rendere ancora più d’attualità  il salone è stato determinante l’inserimento degli artigiani. Una professione legata alle tradizioni che è l’etichetta più sicura, contemporanea e futuribile per il made in Italy. Ventuno gli artigiani in due sezioni. Cinque sono i maestri dell’ars sutoria, con scarpe, realizzate per i brand più prestigiosi, borse, cinture, anche occhiali.  In camice bianco, con gli attrezzi del mestiere, hanno raccontato il loro lavoro. Gli altri sedici erano nell’area La tradizione, Il valore, Il bello, con prodotti  perfettibili  certo, ma  interessanti. Dalle  scarpe di Mattia  Capezzani, con la doppia suola di cuoio, indistruttibili. A Different  con mantelle in tessuto militare e ritagli di pelliccia e i giubbotti da aviatore. Tessuti naturali soprattutto, ma anche pet riciclato da Tu & Tu. T-shirt con ritratti di personaggi (Dalì, Picasso, ecc.) da Artees. Patrizia Ferretti presenta una piccola collezione creata con la tecnica origami, dal pull all’abito. Amarcortese parte da elementi della marina e delle barche per le sue borse iperfunzionali.  Vengono dal mondo  della moto i giubbotti in pelle di GM Capsule Collection. La fantasia, le fiabe, l’etnico tutti uniti in Mumati gioielli. C’è molta pelle, alluminio anallergico e ispirazione rock nei bijoux e negli accessori di Hume, Humane Metissage. Un nuovo trapuntato per le borse, i porta-Ipad , le cinture in pelle di Gattabuia. Con inserti di pelliccia e technicolorati i guanti di Mazzoleni Gloves. 

lunedì 18 gennaio 2016

NON E' SEMPRE LA STESSA MUSICA


Varietà di proposte per il vestire maschile. Balle di fieno avvolte nella plastica a formare dei sedili o nel mezzo del percorso-passerella: è l'West, ma un West speciale quello ricreato da Antonio Marras. Siamo a San Salvatore di Sinis, un paese che sembra nel New Mexico, ma è nel mezzo della Sardegna . È abbandonato da tempo. ma si anima durante le feste. Gli abitanti, come i modelli, vestono completi a quadri, car coat con inserti di pelliccia, giacche dai ricami vistosi. Niente camperos ma stivaletti, in testa  cappelli e qualche mascherina da bandito. Finale  con cow boys-ballerini in jeans e camicia a quadri di rigore.
Per celebrare i quaranta anni, Paul  & Shark propone il packaging d'autore, e lo fa disegnare da tre giovani designer scelti in collaborazione con i creativi  di Wallpaper. Dentro saranno venduti, per tutto il 2016 in un numero limitato, due pull di quarant'anni fa, rivisitati  con più attenzione alla sostenibilità, punto forte della maison.I Fratelli Rossetti reinterpretano nei colori del bosco  autunnale  i tre modelli iconici del mocassino.Il mix di rock e militare non è una novità specie nel vestire sportivo, ma riuscire a farlo  per un'intera collezione e con proposte probabili, non scontate e chic, non è da tutti. Ermanno Scervino ci riesce. Ed ecco il giaccone doppiopetto un po' navy  con bottoni d'argento. Il cappotto cammello con doppi tasconi. Per la sera velluto  per giacche e completi, pull con jais e scintillanti paltò. Trussardi presenta la sua collezione nella Pinacoteca di Brera(v.foto). I modelli sono musicisti che in gruppo o da soli, ognuno in un salone, suonano la stessa musica, ognuno con una sua interpretazione. Velluto a coste effetto tweed per le giacche, pelle per i giubbotti, disegni cravatteria per panciotti e camicie per uno stile rock-brit.



domenica 17 gennaio 2016

MA CHE FREDDO FA?


Milano, Università Statale, Cortile del Filarete. Sotto il porticato cosparso di foglie secche sfila il nomade chic di Missoni. Per 

lui completi di tweed su maglie di vari filati con decorazioni a intarsio, giubbotti ricamati a mano con monete etniche su pantaloni aderenti(foto in basso). Il parka in un tessuto multicolore è impreziosito da dettagli di maglia a frange. Il tutto in colori che vanno dal cammello all’ametista, dall’arancio al marrone, al grigio ,al corallo. Ricordano i tessuti del Ladakh. Il freddo è intenso, ogni tanto una raffica di vento solleva le foglie, ma le copertine di pile sulle panche, i punch bollenti, e soprattutto la scenografia  fanno perdonare i brividi. Richmond, non più disegnata da John, ma  dall’imprenditore e distributore Saverio Moschillo sfila nel nuovo Richmond Café. Molte le lavorazioni particolari, i giochi di intarsi come la giacca patchwork di una quindicina di tessuti classici maschili, e le stampe, da John Lennon al Giappone. Vivienne Westwood insiste sull’uomo improbabile vestito di pepli o di lunghe maglie con profonde scollature sul dietro. Si sente in obbligo di movimentare il completo dal taglio sartoriale  con stringate  dall’ altissimo plateau. E’ un uomo  vero  e probabile, invece, quello di Andrea Incontri per Tod’s. I capi non sono indossati da modelli ma da giovani professionisti, creativi, ricercatori. Il pezzoforte è il piumino di pelle, realizzato con le stesse tecniche del fatto a mano degli accessori. Tra questi il mocassino iconico anche in tessuto pied-de-poule e le borse  con il taglio del mocassino e con i gommini. Eleventy, brand in ascesa strepitosa, ha sedotto i suoi ospiti con squisitezze preparate da Andrea Berton e con una collezione fresca nei colori, confortevole da indossare, ben tagliata. Fiore all’occhiello il completo nel jersey delle tute. Ricercato-understatement, apparentemente un ossimoro, potrebbe essere il motto di Larusmiani che veste l’uomo da capo a piedi, così tanto da aver inserito il mitico Lorenzi con le sue scaffalature al piano inferiore del negozio in Via Montenapoleone. Lo scarponcino da alpinista in coccodrillo, da portare anche con il completo, è una delle proposte alternative-chic di Santoni(foto in alto). Valextra rinnova il monomarca di Via Manzoni: i codici della milanesità sono rispettati,con un lancio verso l’internazionalità. A sottolineare la prima i cocktail del Bar Basso, storico inventore del Negroni sbagliato, per la seconda una serie di pezzi da dandy del 2000 come il porta-camicia in coccodrillo. Tra i debutti, Rossignol centenario brand francese dello sci con la sua prima collezione metropolitana. E Ferutdin Zakirov,  designer e imprenditore uzbeco pronto a sbarcare in giugno con un monomarca nel quadrilatero milanese dopo l’apertura sulla Piazza Rossa. Veste l’uomo dal cappotto al boxer, dal pigiama(in una busta con due cambi di pantalone) alle scarpe. Tra queste la stringata fatta a mano dal calzolaio dei corazzieri, in edizione limitata. E infine Edhèn la collezione dei due Filippi (Cirulli e Fiora), sì proprio come quelli del bloomsday joyciano, diventati da blogger, creativi e imprenditori.