martedì 29 luglio 2014

APP APP APP BALENA CERCASI


In Liguria per avvistare le balene? Non è una leggenda metropolitana tipo coccodrilli nelle fogne di New York. E non si tratta nemmeno di nuovi ospiti  dell’acquario di Genova.  Non solo i cetacei ci sono, ma si può anche programmare un whale watching di tutta soddisfazione.
Nel 1999 è stato infatti istituito da Francia, Italia e Principato di Monaco il Santuario 
Pelagos, un’ area marina protetta di  circa 87 mila kilometri quadrati. E’ quella parte di Mediterraneo   compresa tra la costa francese, la Corsica,  la Sardegna, la Toscana e appunto la Liguria. Qui vivono 23 specie tra balenottere e delfini. Di queste otto sono regolarmente presenti nel Mediterraneo, altre invece  costituiscono presenze estemporanee o rare. Si va dalla balenottera comune, l’animale più grande del mondo(dai 15 ai 22 metri di lunghezza) dopo la balenottera azzurra, al capodoglio, dal delfino alla temuta Orca (Orcinus Orca). Per saperne di più e imparare a riconoscerle Artescienza, società che si occupa di ambiente, con l’Editore Erga di Genova e Idea XS, che cura  il lancio di nuovi prodotti, hanno creato delle tavole illustrate da Maurizio Wurtz e delle mappe, con informazioni anche su uccelli marini e tartarughe. Ma soprattutto delle Ipermapweb App disponibili per cellulari e tablet, che in tempo reale comunicano dove è possibile avvistare i cetacei, stabilire a che specie appartengono e informare sul loro comportamento. Insomma le storie di balene non sono più da Melville e grande Nord e neppure da fantasia di Collodi (www.ipermapweb.it)

giovedì 24 luglio 2014

RESTAURO IN MOSTRA


A Milano sta per aprire le porte un nuovo museo, con un’esposizione in divenire. Si tratta di Palazzo Citterio che   diventerà parte sostanziale del progetto Grande Brera, contemplato da anni. Fa piacere vedere i nuovi grattacieli milanesi, che hanno rivoluzionato lo skyline della città,  ma fa quasi più piacere quando si vede il recupero di antichi palazzi dimenticati. Acquistato negli anni ‘70 dal Comune  per diventare un ampiamento dell’Accademia, Palazzo Citterio ha passato incredibili vicissitudini. Restauri
 Palazzo Citterio
interrotti per mancanza di fondi, ordinanze di sospensioni, provvedimenti vari, poi negli anni Ottanta il progetto dell’Ipogeo affidato all’architetto inglese James Stirling.  Nel 2010  ospita L’isola dei porci, la prima grande mostra personale di Paul Mc Carthy. Ora, finalmente, a ottobre iniziano i  lavori di restauro. Non da poco certo. Come ha spiegato Alberto Artioli, responsabile del progetto insieme ad Annamaria Terafina, ci sono molti aspetti da tenere presenti. Come salvaguardare tutti i valori del palazzo settecentesco e nello stesso tempo selezionare gli interventi degli anni ’70 per vedere quali recuperare. Si deve pensare ai collegamenti verticali essendo stato eliminato lo scalone originale. Ma anche al  collegamento con Brera, non solo fisico, attraverso l’Orto Botanico. L’esigenza quindi di risistemare il giardino che era stato sacrificato per l’Ipogeo di James Stirling. Recuperare le essenze arboree, le vecchie serre e le grotte settecentesche  per farle diventare spazio museale. Come ha detto Sandrina Bandera, soprintendente e direttore della Pinacoteca di Brera, il palazzo è destinato a raccogliere le opere  del ‘900, pittura, scultura ma anche le collezioni particolari  come i piccoli autoritratti di Zavattini già esposti a Brera o le collezioni fotografiche. Il giardino potrebbe ospitare sculture ma anche installazioni d’arte contemporanea.
Come ha sottolineato il direttore regionale Caterina Bon Valsassina, i lavori sono molto impegnativi e non saranno certo completati per l’Expo. Ma per il pubblico,  oltre la possibilità di visitare il cantiere di restauro, sono previsti nel padiglione Italia dei monitor con le immagini in diretta dei lavori. Proprio come succedeva per l’Alexander Platz di Berlino, da un’idea di Renzo Piano. 

martedì 22 luglio 2014

I CONTRASTI DELLA STAMPA



Stampe a contrasto da Alysi (foto Emilio Tini)

Il blu mai con il nero.  In nessun caso l’arancione con il rosa. Perfetti il giallo con il verde e il rosso con il blu. Il bianco  abbinabile a tutti i colori, meno il beige.  Gonna pied-de-poule solo con  pull tinta unita.  Maglia a righe o a quadretti solo con pantaloni o gonna tinta unita. Mai due stampati insieme. Erano diktat precisi, incontestabili. Nessuno osava trasgredirli. Chi lo faceva era un eccentrico, un pazzo da tenere d’occhio. Accostare un pull a disegni norvegesi con gonna scozzese era impensabile.   Chi lo faceva o aveva raggiunto il punto più basso nella scala del “buon gusto” e quindi era da discriminare, o aveva quell’unico golf e quell’unica gonna. Non si provava a trasgredire, non si osava variare un insieme ufficializzato, a costo di finire nella ripetitività. Anche sotto l’eskimo della contestazione  nessuno avrebbe messo un pull a rombi con pantaloni a righe. Il massimo dello chic per le adolescenti era il pull (lambswool o cashmere rigorosamente made in England) nello stesso colore della gonna. Trionfavano i verde muschio, gli azzurro carta da zucchero, i bordeaux. Nessuno avrebbe mai osato prendere quel pull azzurro carta da zucchero e accostarlo, per variare, alla gonna verde muschio. Poi, in un’estate di follia, un’ ignota coraggiosa, che ora si sarebbe chiamata trend setter, provò a mixare gli inaccostabili rosa e arancione, rosso e bordeaux, verde e azzurro.  La trasgressione pagò, perché il risultato fu ottimo e, senza l’aiuto dei “mi piace” di Facebook, la sua proposta venne seguita da molte. Sull’accostamento degli stampati diversi, invece,bisogna aspettare molti anni.La tolleranza era zero, feroce, inappellabile, da caccia alle streghe. Se sotto a un pull abbinato a un pantalone a quadri spuntava una camicia a disegni Kashmir, la persona che li indossava era schedata nell’impietoso elenco delle “senza gusto”. Da quel momento diventava un soggetto sotto controllo e in ogni suo insieme veniva  cercato il dettaglio out a conferma. Bollata per sempre  aveva scarse possibilità di riscattarsi, perfino  con  tubino nero e filo di perle.
Ora tutto è cambiato. Non ci sono regole “prescritte”. L’accostamento è e deve essere assolutamente personale. Sono finiti gli abbinamenti standardizzati. Anzi si scopre che il blu è perfetto con il nero e il bianco è il colore che sta meglio con il beige. E quanto a righe, stampati, maculato, camouflage possono convivere con stile. L’importante è riuscire a trovare quell’armonia, quegli equilibri, quelle gradualità che sono proprio l’espressione del “buon gusto”.

mercoledì 16 luglio 2014

ORSI E RICORSI


 Anello in acciaio e oro
In un momento in cui si fa un grande parlare di acquisizioni di marchi (soprattutto italiani da parte di stranieri, e soprattutto di moda) e di cordate per quotazioni in borsa   fa piacere scoprire aziende “di famiglia”, magari anche in crescita e con prodotti assolutamente di tendenza. Certo sarebbe meglio che fossero italiane, ma Tous nella vicina Spagna è comunque una scoperta gradevole. Il nome non è francese, ma è il cognome della famiglia. Tutto inizia con un piccolo negozio di riparazioni per orologi aperto da Salvador Tous Blavi a Manresa, nei dintorni di Barcellona. Ma è con il figlio  Salvador Tous Ponsa e con sua moglie Rosa Oriol, creativa designer, che nasce una piccola impresa prima di orologi, poi di  gioielli, ben caratterizzati e attenti alle tendenze moda del momento.
Ora Tous, dove a fianco   dei fondatori lavorano  le  quattro figlie, è presente in 45 paesi del mondo e in più di 400 punti vendita. Ma è nei progetti raddoppiare la distribuzione. E l’Italia, dove per ora le collezioni sono vendute solo in un corner all’Hotel Excelsior di Roma, è nei programmi di espansione. Negli ultimi anni  ai  gioielli si sono aggiunte borse, occhiali, orologi,foulard, penne, portachiavi e perfino una minuscola collezione di abiti da neonato.  Un assortimento non così strano considerato che tutti sono perfetti oggetti regalo. Non a caso il packaging è molto curato e d’impatto. I gioielli, orecchini, catene, ciondoli, anelli, bracciali sono prevalentemente in argento, vermeil, oro accostati a pietre dure. Ma il punto di forza di Tous sono soprattutto le lavorazioni, gli accostamenti inconsueti come l'acciaio con l’oro, e certi elementi simbolici. Come l’orso, nel senso di teddy bear, che è  un elemento ricorrente e quindi il filo conduttore di tutte le collezioni. Spunta dappertutto, su anelli, bracciali, orecchini, ciondoli. E’ traforato,  smaltato, ricoperto di brillantini, stilizzato, tondeggiante. Compare   sulle borse  come marchio e perfino sulle aste degli occhiali. 

martedì 15 luglio 2014

OMERO DA MARE


La cornice ha una sua importanza, ma non è sufficiente per salvare un contenuto inesistente. Anzi, nel caso della location di uno spettacolo potrebbe creare delle aspettative molto alte, difficili da eguagliare. Un esempio. La locandina esposta a Pieve Ligure (paese nella riviera di Levante a una quindicina di km da Genova)   annunciava per l’11 luglio alle 21,30, Tullio Solenghi con la lettura del canto XIX  
dell’Odissea,  allo Scalo  Torre. Quella sera il luogo,  anche per chi lo conosceva già,  aveva  tutta una serie di ingredienti per sorprendere piacevolmente. Il sole che calava lasciando solo una leggera linea rossa, la luna quasi piena, qualche nuvola minacciosa ma non troppo, per creare suspense, il mare che faceva notare la sua presenza rumoreggiando ma senza effetti facili e un piccolo palco improvvisato sugli scogli, con un leggio e l’orizzonte come sfondo. Dopo l’ introduzione  del sindaco e di Sergio Maifredi, regista e ideatore di “Odissea un racconto mediterraneo” progetto teatrale che da anni porta avanti negli  scali e nei lungomare, è arrivato Tullio Solenghi. Qualche frase di prammatica ed è iniziato il recital. Cosa  sarebbe successo se al suo posto ci fosse stato un lettore qualsiasi?  Sarebbe stato sufficiente  per il pubblico guardarsi intorno e bearsi della luce che calava, del rumore sempre variabile delle onde? Certo il problema nessuno se lo è posto, perché è stato un ininterrotto crescendo di emozioni. Dal recitato al discorsivo,  dal ricordo al commento ironico, dalla risata alla riflessione. Dalle osservazioni dotte agli aneddoti divertenti. Alle irresistibili letture, con spiccato accento emiliano dell’ Odissea di Tonino Guerra, in napoletano del tema di uno scolaro tratto da “Io speriamo che me la cavo” di Marcello D’Orta. Fino  a quella del canto XIX  dell’Odissea con l’incontro di Penelope e Ulisse, che si finge mendicante. Nella traduzione di Rosa Calzecchi Onesti, più convincente della “scolastica-istituzionale” di Ippolito Pindemonte. E’ vero, come ha detto Solenghi, che l’Odissea è una storia che può continuare a suscitare interesse per l’attualità del protagonista,  ma  riuscire a intrattenere il pubblico per quasi due ore semplicemente leggendone qualche pagina  è comunque una bella sfida... Anche in un luogo perfetto, da cartolina,  come lo scalo Torre di Pieve Ligure, in una splendida serata di luglio. www.teatropubblicoligure.it