venerdì 8 novembre 2013

COLLETTI, ANZI CAMICIE BIANCHE


 
 Camicia autunno-inverno 1993 e schizzo
Ventisette camicie bianche  sono il soggetto di una mostra. Installazione? Performance surreale? No, veri capi di abbigliamento. A chiarire ogni eventuale equivoco il titolo illuminante. “La camicia bianca secondo me. Gianfranco Ferré”.     Chiarificatore anche il luogo dove tutto si svolgerà, dal 1° febbraio al 15 giugno del 2014: il Museo del Tessuto di Prato.  Perfetto  non solo per lo spazio , uno dei più straordinari esempi di archeologia industriale della Toscana, ma soprattutto per la sua concezione di base. Un forte collegamento con la realtà produttiva contemporanea e la volontà di  creare iniziative ed eventi che  valorizzino la cultura della moda e promuovano il made in Italy e l’alta artigianalità.  La mostra sarà realizzata dalla Fondazione Gianfranco Ferré, che dal 2008 riordina e classifica l’enorme archivio  dello stilista scomparso, per metterlo a disposizione del pubblico .    Da vedere, oltre le camicie scelte tra le più sensazionali dei vent’anni di collezioni, disegni, schizzi, foto, appunti, video di sfilate, riviste, comunicati stampa.  Documenti  utili per capire la progettazione e l’etica del lavoro di Ferré, che più di ogni altro ha alternato il linguaggio della moda a quello dell’architettura. “…buona parte del mio iter creativo si spiega  alla luce della mia formazione come architetto. Per me la moda è poesia, intuito , fantasia, ma anche metodo e atteggiamento progettuale che si fonda sulla concezione dell’abito come risultato di un intervento sulle forme”.   Perché la scelta  della camicia? Importante ma non unica ragione il fatto che rappresenti il capo emblema dello stilista.   Come ha detto Daniela Degl’Innocenti, curatrice della mostra e conservatrice del Museo del Tessuto, in questo capo  si può vedere, meglio che in ogni altro, come Ferrè punti sulla scomposizione degli elementi canonici e li stravolga per ricomporli con risultati inediti e  contemporanei.   

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