venerdì 9 marzo 2012

LA CREDIBILITA’ DEL ROSA


Il boom del rosa data agli anni Cinquanta. 0sé per l’epoca, poi degenerato nel kitsch da manuale. L’ultimo sprazzo chic il tailleur Chanel di Jackie in quel triste giorno a Dallas nel 1963. Intollerato dal design e dal minimalismo, il rosa rimane nella casa della Barbie e  di qualche suo clone nipponico .Sparito perfino dal guardaroba delle neonate. Con l’eccezione di  completini augurali regalati alla coppia con figli maschi, desiderosi della femmina.   Ormai introvabile in qualsiasi tirella colori, dall’arredamento all’abbigliamento, dalle pareti alle auto, il rosa ricompare sui cashmerini a V degli yuppies, sdoganato completamente dalla sua connotazione “femminile”   deteriore. E diventa un colore con la sua dignità, non più una caricatura. Nessuna donna si sente  sminuita da sentire parlare di quote rosa in Parlamento. Piacciono le righe rosa a indicare i parcheggi riservati al gentil sesso, nei punti meno a rischio  malintenzionati dei mega-autosilo. Portare occhiali rosa non è più da bamboletta sciocca. Il rosa, anzi il pink, può essere punk, ci dice con la sua musica la rocker canadese Avril Lavigne. Lo champagne trendy è rosé . Si chiama La Perla in Rosa la nuova fragranza con rosa, ciclamino, violetta ma anche il tocco malizioso  del  pepe rosa. Dedicato a un pubblico giovane è all’opposto  dei profumi da scia,  border line del buon gusto. Il tappo del flacone è rosa perla   citazione  della lingerie. E quel rosa fra il cipria e il perla nel mondo della sposa soppianta l’avorio. Da Antonio Riva, stilista preferito dalle  giapponesi (ora al debutto con una piccola e sofisticata collezione da cocktail e dintorni), colora il 30 per cento degli abiti ed è l’unica alternativa ai bianchi. 

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