mercoledì 22 febbraio 2012

TUBINO DEMOCRATICO


“Un tubino nero, un giro di perle e sei sempre a posto”. La frase suona quasi caricaturale, può essere letta come l’emblema della banalità a parole. Eppure quell’abito ha davvero avuto una funzione rassicurante,  meglio di qualsiasi analista. Poteva  tenere lontano dall’errore, sconfiggere la paura di essere fuori posto, anzi non abbastanza a posto. Ha esaudito brillantemente il desiderio istintivo di far parte di un gruppo, di essere accettati, di uniformarsi.
 La petite robe di Chiara Boni
Ora si continua a cercare la stessa sicurezza attraverso il vestire,  ma si punta sul farsi notare. La protezione  arriva dalla griffe, dal brand,  dal salvagente del total look. Più si è targati, più si è sicuri di non sbagliare e di piacere.
Una piccola mostra fotografica a Milano,  nella settimana della moda,sembra sfatare completamente questa visione e fa riflettere. Si intitola “La nuova Milano”, sottotitolo “one dress many thoughts”,volutamente in inglese, lingua dell’internazionalità. Perché la nuova Milano è quella multietnica. Da vedere i ritratti di ventuno donne  con addosso proprio quel tubino nero, o meglio la Petite Robe, come la chiama Chiara Boni, la stilista  che l’ha creata e che è anche la fotografa e  la responsabile del casting.   E l’abito le accomuna. La  giovane piercer milanese e la sarta teatrale siberiana, la ristoratrice cinese e la regista uzbeka, l’agente letterario italiano e la curatrice d’arte sudafricana.  Donne diverse, qualcuna famosa, qualcuna di potere , qualcuna che lavora con il corpo, qualcuna con le mani . Ognuna di loro interpreta la petite robe a  modo suo  e curiosamente ognuna mantiene intatta la propria personalità. L’abito le veste tutte, ma proprio perché è democratico lascia a ognuna essere come vuole, e quindi molto diverse tra loro. Per concludere con una banalità come si è cominciato.  L’abito non fa il monaco.

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